lunedì 20 novembre 2017

Buongiorno!

Sono passati degli anni dall'ultima volta che ho scritto sul blog, ma oggi, grazie a Davide, sono tornata in attività. La mia vita é molto più stabile di quel che era qualche anno fa, per cui penso che questa volta dovrei riuscire a scrivere più regolarmente.
Il solo problema é che ho scordato come si scrive in Italiano, spero sarete pazienti e mi lascero' umilmente correggere (ma non esagerate se no poi ci resto male).

Ho molte idee per un nuovo inizio, ma non voglio fare tutto da sola, per cui se ci siete e pensate di poter esserci in futuro, fate un segno.


Mi mancano i giochi di ruolo....
Mi mancano cosi' tanto....

Ciao

sabato 8 gennaio 2011

La leggenda del piccolo Alcibiade e del suo primo sorriso

Quando Zeteste abbandonò il trono e i figli per tornare dalla moglie e le figlie, il giovane Alcibiade, bambino di sette anni, salì al trono. Non uno dei nobili si dichiarò contrario e a nessuno venne mai in mente di contraddire una sua decisione, tanto era il carisma, tanto l’ingegno del giovane re. Oriel, suo fratello minore, non aveva mai conosciuto la madre, partita dopo la sua nascita, e poco aveva goduto delle attenzioni del padre. Si era, quindi, abituato a dipendere dal fratello e a riversare in lui ogni affetto. Si narra che Alcibiade fosse solito governare stando seduto sul grosso trono che era appartenuto al nonno, tenendo sulle ginocchia il fratellino, il più delle volte addormentato, poiché gli affari di stato lo annoiavano, come a qualunque bambino.
Alcibiade era un bel bambino con neri capelli ricci e tratti del volto delicati. La voce era calma e dolce e tranquillizzava chiunque lo ascoltasse, ma la caratteristica che in lui più colpiva erano gli occhi tristissimi. Quegli occhi sembravano aver visto il male più nero e sembravano appartenere a qualcuno che portasse in se tutto il male del mondo. Coloro che gli chiedevano udienza per cause di poco valore, subito si vergognavano e se ne andavano scusandosi, i colpevoli confessavano e gli ingiusti si pentivano rattristandosi di aggiungere altro dolore a un bambino tanto triste.
Da tre anni governava ormai Alcibiade e, nella ricca e fiorente città, non vi era cittadino che non pensasse a come rendere felice il giovane re. Molti gli inviarono doni, che il re dimostrò di gradire, ma che non furono capaci di muovergli un sorriso. Anche Oriel cominciò a preoccuparsi, rendendosi conto che il fratello non aveva più sorriso dalla partenza del padre. Pensò che fosse la pressione delle responsabilità a rattristarlo, e cercò di affiancarglisi al governo, ma era solo un bambino di 8 anni, e per quanta buona volontà ci mise, per quanto idee e intenzioni fossero buone (era pur sempre il futuro imperatore), la mancanza di esperienza e di lungimiranza causavano, il più delle volte, problemi che Alcibiade era poi costretto a risolvere, stancandosi ulteriormente. Oriel maledisse genitori e dei che lasciavano soffrire così il fratello, ma più di tutti maledisse se stesso che non riusciva a rallegrarlo. L’invettiva giunse alle orecchie degli dei che, invece d’irarsi contro chi la pronunciava, biasimarono se stessi per aver trascurato il giovane re. Gli dei si riunirono e decretarono che era giunto il momento di aiutare il piccolo sovrano. Alla dea amore fu affidato il compito di farlo sorridere, e le fu concesso di usare il potere di ciascuna dalle altre divinità, se fosse stato necessario. Amore entrò nella notte, nella camera dove i due fratelli dormivano insieme. Li svegliò entrambi, felicitò Oriel per la giusta invettiva, poi li condusse entrambi in volo in ciascuna delle case di Caledonia e fece entrare le loro menti nel cuore di ogni Caledone. Alcibiade che soffriva dell’abbandono dei genitori, della paura di rendere infelici gli abitanti e di non essere all’altezza del compito assegnatogli, aveva paura di quel che avrebbe scoperto. Ma guardando nel cuore dei sudditi, il piccolo re, trovò mille padri, madri e fratelli, tutti preoccupati, fieri e tristi per lui. Stupito da tanto affetto, cominciò a piangere di gioia, e Oriel con lui. In ultimo la dea fece vedere ad uno nel cuore dell’altro. L’un altro si videro come la cosa più bella e importante. Amore baciò Alcibiade in fronte (dicono che il bacio di amore si la più bella sensazione che l’uomo possa provare) e se ne andò lasciandogli per quella notte il dono del volo. Quella notte i fratelli giocarono in cielo come tutti i bambini giocano in un cortile, come tutti i bambini risero e si stancarono.
Il giorno dopo, il re riprese normalmente a governare lo stato, ma i suoi occhi erano ora sereni e il suo volto era capace di rallegrarsi.
Alcibiade governò ancora per diciotto anni, dopodiché una notte sparì. Il mattino dopo Oriel nominò un nuovo re, e partì, facendo perdere le proprie tracce per alcuni anni. Di Alcibiade non si seppe più nulla. Il trono che fu suo non fu mai più usato. Esso si trova oggi nella sala consiglio del Castello Estivo, su di esso la statua lignea di Alcibiade bambino con la corona troppo grande e lo scettro posato ai piedi, il corpo del fratello addormentato sulle ginocchia. Alcibiade poggia il capo sulla mano sinistra e con la destra accarezza i capelli di Oriel. La statua risale al 20-15 A.R., cioè al tempo in cui ancora Alcibiade governava. Fu scolpita da un maestro anonimo che la donò alla città quando Oriel partì. La statua siede sul trono dal allora. Alcune leggende vogliono che l’anonimo maestro fosse il di Caos in persona. Per tradizione ancora oggi, i governatori e lo stesso imperatore chiedono consiglio alla statua prima di prendere le decisioni più importanti. Non risulta che la statua abbia mai risposto.

La leggenda della scomparsa dei Sobrimori

Sobrimal, figlia di Calicot l’eccentrica, era a capo del partito dei sobri mori. Incitava il popolo a ribellarsi, a rovesciare il potere, a porre lei al governo. A quel tempo, vi era a Caledonia, un governatore che ancora oggi è motivo di vergogna per la categoria, ma governava da soli quattro mesi ed era già gravemente malato, tanto che non si pensava sarebbe vissuto a lungo. La popolazione scontenta, quindi, ne aspettava la morte e non nutriva propositi di rivolta. Solo Sobrimal e i suoi volevano la rivoluzione. Sobrimal progettava un colpo di stato, ma fu tradita da Berth, il suo braccio destro. I Sobrimori si rifugiarono nel castello di Calicot, detto “castello 31 24”.
La notte del progettato colpo di stato il governatore morì. Il suo posto fu preso da un uomo buono e giusto, come la più parte di essi. Il nuovo governatore fece grazia ai Sobrimori e gli concesse di tornare in città. Sobrimal la sfrontata decise di restare nel castello della madre, decisa a scoprire quale dei suoi fosse il traditore e ucciderlo. Impauritosi, Berth, scappò e, per facilitarsi la fuga, rapì Bysith, figlia di Sobrimal. Berth fuggi nel bosco sobrio, ma l’ostaggio lo rallentava, continuando a dibattersi e a urlare. Rendendosi conto che i sobri mori lo avevano quasi raggiunto, Berth il mago, elaborò il suo piano di morte: incantò la ragazza con un tocco di morte, chiunque l’avesse toccata sarebbe morto, così come chiunque avesse toccato qualcuno morto per averla toccata. Si sarebbe così propagata una catena infinita di morte. Sobrimal raggiunse la ragazza e l’abbracciò, morendo, ugualmente morirono tutti i Sobrimori, cercando di aiutarsi l’un l’altro. Sopravvissero solo Bysith, portatrice dell’incantesimo e Berth, suo autore. Berth fuggi e Bysith si trovò sola nel bosco, circondata dal cadavere della madre e da quelli di tutti i suoi compagni. Pensò di correre a cercare aiuto, ma si rese conto che chiunque avesse tentato di aiutarla sarebbe morto, allora, da sola, arse i cadaveri. E quando tutti i cadaveri ebbero finito di bruciare ed ebbe lungamente pregato per ciascuno di loro, si getto nel fuoco, per interrompere finalmente la catena. Berth, allontanatosi abbastanza da ritrovare la ragione dopo il panico che lo aveva colto, si ricordò improvvisamente perché non aveva mai usato prima quell’incantesimo: chiunque lanci la catena di morte è destinato a morire per sempre, dolorosamente, ininterrottamente, ripetutamente, per l’eternità. Ma come aveva potuto dimenticare una cosa tanto importante? Prima di cominciare a morire, Berth, si ricordò delle parole del suo maestro, quando l’aveva scoperto a studiare il libro delle Antiche Magie del Terrore (AMT):”Malvagio è chi le studia, malvagio chi le inventò, malvagio chi le insegna e chi è disposto ad usarle. Ma massimamente malvagie sono le magie stesse, che ti spingono, ti esortano e ti ingannano, affinché tu compia il male e ne sia sopraffatto. Se vuoi usarle e dominarle devi essere più malvagio di loro, ma tale malvagità non ti appartiene, discepolo mio.”
I fornitori di vivande arrivarono, come ogni mese, al castello, e lo trovarono vuoto. Cercarono i Sobrimori nel bosco, ma trovarono solo le ceneri di un grande falò e nessun segno di lotta. Non cercarono a lungo nel bosco, perché sentivano come un’inspiegabile paura e la sensazione della morte dell’anima. Che ne sia del corpo di Berth, eternamente morente, è un mistero.

La leggenda dell'isola di risacca

Nell’898 N.R., spuntò in mezzo al mare l’isola di Risacca, chiamata così dal nome del mercantile che per primo l’avvistò. Sono passati più di cent’anni e nessuno ha ancora saputo spiegarne l’origine. Qualcuno sostiene che l’isola fosse sempre stata al suo posto, ma che fosse invisibile e che casualmente nessuna imbarcazione abbia mai tentato di attraversare lo spazio che occupa. Qualcuno sostiene che l’isola sia un ammasso di terra sulla carcassa di qualche mostro gigante, e che quindi non sia bene salda al terreno e si stata portata da qualche corrente o tempesta, questa ipotesi non spiega l’apparizione improvvisa. Qualcun altro sostiene sia fuoriuscita dal mare la notte prima che apparisse, ma in questo modo non si spiega la presenza di flora e fauna terrestre. Qualcuno dice che è così, perché questa fu la volontà degli dei. Questo è vero, ma non spiega nulla. Non esiste una spiegazione plausibile, né un mito ufficiale, sulla vicenda, tuttavia questa vicenda mi ha fatto tornare alla mente un mito più antico, risalente al 400 N.R., e riferito ad una città sconosciuta.
In una fascia poco lontano dal mare, un contadino zappava il suo orto, quando qualcosa sulla superficie del mare attirò la sua attenzione: un uomo addormentato dormiva sulla superficie delle acque, senza essere immerso, la corrente lo portava verso riva. Il vecchio contadino corse, come meglio poteva, in riva al mare, per vedere quel prodigio. Vide che l’uomo non era sull’acqua, ma su una zolla erbosa poco più grande di lui, la zolla galleggiava e lo portava a terra. Giunto alla spiaggia, la zolla non si fermò, ma galleggiò sulla sabbia, si fermò solo quando raggiunse dell’altra erba, lì, si fece spazio e si adagiò. Ora l’uomo sembrava dormire su un comunissimo prato. Il contadino gli si avvicinò, il dormiente aveva i capelli bianchi, lunghi e ricci, un volto dall’aria antica, ma nessun segno di vecchiaia, era il volto di un uomo maturo. Guardandolo, il contadino seppe dire una sola parola: Amler. Sentendo pronunciare il suo nome, Amler si sveglio, salutò il contadino e gli chiese se quella nei pressi era la città che entrambi chiamavano casa, il contadino rispose che era così. Amler si levò, salutò e ringraziò il contadino, poi s’incamminò alla città. Mesi dopo, il contadino era ancora al suo orto, quando vide Amler tornare. Gli corse incontro portando con sé ortaggi pane e formaggio, in cesto; raggiuntolo, glielo offri. Amler accetto il dono, e chiese al contadino: “cosa desideri?” “Mesi fa ho cacciato di casa mia figlia, non ancora sposata, ma incinta di uno sconosciuto. La sogno spesso, è sola e il bimbo sta per nascere. Vorrei ritrovarla per vivere poi tutti insieme”. Amler guardò il vecchio e non parlò, si appoggiò ad un albero, reggendo il cesto. L’albero si mosse e con lui la terra vicina, portarono Amler alla spiaggia, sul mare, oltre l’orizzonte. Il vecchio tornò a casa. Quella notte, non riuscendo a dormire, si alzò e uscì. Vide sul mare una zolla di terra che si avvicinava, portando la figlia addormentata, la zolla la portò fin sulla soglia di casa, lì la depose e si confuse al terreno.

La leggenda del dio del mare e delle ninfe delle conchiglie

Caledonia aveva poco più di 130 anni, quando Zeteste, figlio di re Anakineste e padre di Oriel e Alcibiade, salì al trono. Zeteste era il più bel giovane che Caledonia avesse mai generato. Aveva trascorso la gioventù in riva al mare, a pescare e nuotare. Quivi aveva incontrato le ninfe delle conchiglie, che innamoratesi di lui, avevano deciso di rendesi visibili e di godere della sua compagnia. Tra le ninfe, Zeteste scelse la sua sposa, Fasì, loro regina, di ogn’altra più bella. Tra gli sposi regnava l’armonia e decisero che le figlie che avrebbero avuto, sarebbero diventate ninfe e avrebbero vissuto nel mare, i figli sarebbero cresciuti sulla terra e avrebbero succeduto al padre sul trono di Caledonia. Quattro figlie erano già nate, quando morì Anakineste e Zeteste fu costretto a salire al trono e andare a vivere al palazzo di Caledonia, abbandonando la capanna in riva al mare in cui aveva a lungo vissuto. Zeteste portò con sé Fasì, e le costruì una grande piscina d’acqua marina in cui potessi dormire. Nel tempo in cui visse a Caledonia, Fasì mise al mondo 2 maschi a distanza di due anni. Dopo la nascita del secondo figlio, la nostalgia che aveva del mare divenne sempre più forte, decise, quindi, di tornare al suo mondo. I bambini e il marito sarebbero restati in città, ma gli sposi si sarebbero incontrati ogni giorno all’alba in riva al mare. Intanto il dio del mare, potente e temuto, ma molto brutto, aveva ordito un piano per rapire e sposare una ninfa delle conchiglie. Le ninfe lo avevano sempre rifiutato, e si nascondevano nelle loro conchiglie quando lo sentivano arrivare. Il Dio era divenuto folle di gelosia, quando aveva saputo che le ninfe erano uscite spontaneamente per mostrarsi a Zeteste, l’umano. Approfittando dell’assenza della regina, aveva creato un finto Zeteste e l’aveva mandato a camminare sulla spiaggia. La copia era facilmente distinguibile dall’originale, ma le 4 figlie, accecate dal desiderio di rivedere il padre, gli corsero incontro. Essendo lontane dalle loro conchiglie, non poterono scappare quando videro il dio del mare uscire dall’acqua. Furono catturate, ma il dio fu piuttosto deluso nel rendersi conto che erano troppo giovani per diventare sue spose. Fu felice scoprendo che erano le figlie della regina, pensò di ricattarla facendosi dare in sposa una delle altre ninfe. Quando Fasì tornò al mare e seppe del ricatto, disse al re del mare: “Scegli delle mie figlie quella che desideri, aspetta che sia grande abbastanza e sposala, io te la do”. La regina conosceva le sue figlie, conosceva anche il dio, sapeva che per quanto brutto, burbero e spavaldo, non era cattivo, e non avrebbe usato violenza alle ragazze. Inoltre le 4 fanciulle erano luna più bella dell’atre e dotate di poteri straordinari, il re non avrebbe saputo scegliere rapidamente. Passava il tempo e le giovani crescevano alla corte del re, trattate con tutti i riguardi. Successe che una delle quattro s’innamorò veramente del re, brutto ma gentile. La regina non riusciva a crederlo, cercò di dissuadere la figlia, e, vedendo che questa non cambiava idee, chiamò Zeteste perché ci parlasse lui. Già da tempo Zeteste avrebbe voluto andare alla reggia del dio marino per rivedere le figlie, ma questo avrebbe voluto dire diventare una creatura acquatica e abbandonar il mondo degli uomini e i due figli. Alcibiade aveva allora 7 anni e superava in intelligenza i saggi del regno, Zeteste decise che poteva abbandonarlo per cercare di salvare la figlia. Zeteste lasciò il regno terrestre, andò alla reggia e parlò con la figlia, e convincendosi che la figlia sarebbe stata felice, acconsentì al matrimonio.

La leggenda dell'antica amicizia del dio del mare col popolo di Caledonia

Tanto tempo fa, quando l’epoca degli uomini era appena cominciata e il mondo non era ancora completo, il dio Tempo si accorse che le cose nel mare non andavano affatto bene. Il popolo marino, nascosto dalla superficie del mare agli occhi degli dei, viveva ignorando le leggi divine e trascurava ogni principio di armonia e ordine, che era invece sovrano nel resto del mondo. Poiché Tempo era occupato da questioni più urgenti, incaricò Fortuna di scegliere una creatura cui donare lo scrigno dei poteri che l’avrebbe trasformata in divinità. A questa creatura sarebbe stato affidato il controllo del mare. Fortuna fu ben lieta di poter scegliere da sola: Tempo le avrebbe sicuramente impedito di dare i poteri alla creatura che favoriva in quel momento. Il suo nome era Teneidon, era un semidio figlio di Amore e uno strano mostro marino, Ghilfin. Ghilfin era il mostro più debole e maldestro che si fosse mai visto, e Amore gli si era concessa mossa da pietà. Teneidon era brutto e goffo, ma fortuna aveva sempre prediletto le creature più improbabili. Fortuna donò a Teneidon lo scrigno ed egli divenne il dio del mare. Quando Tempo fu informato della scelta di fortuna, la chiamò al suo cospetto e la rimproverò aspramente. Fortuna non era disposta a subire in silenzio: si scatenò un litigio che durò un paio di secoli. In quel periodo il mondo rimase privo della guida del padre Tempo, e Teneidon fu privato dell’appoggio che Fortuna gli aveva promesso. Gli aitanti del mare non gli portavano rispetto e gli disobbedivano, rifiutandosi di obbedire a un re tanto privo di grazia. Teneidon, dio, aveva forza e poteri tali da costringere il popolo marino all’obbedienza, ma non voleva ricorrergli. Il suo cuore tenero e la convinzione che l’obbedienza derivasse (o dovesse derivare) dal rispetto e non dalla paura, gli impedivano di usare la forza sul popolo marino.
Un giorno, il brutto dio, piangeva avvilito su uno scoglio in riva al mare; un uomo pescava poco distante. L’uomo vide una bellissima e imponente creatura in quello che i marini vedevano come un brutto e goffo sovrano. Infatti, a quel tempo, gli uomini erano creature sporche e rozze, più simili alle scimmie che agli dei, ai loro occhi, e in confronto a loro, il dio del mare non era privo di bellezza. Il pescatore corse al villaggio e tornò in compagnia di molti dei suoi simili, tutti portavano doni e cibi al dio. Commosso da tale spontanea manifestazione di reverenza e rispetto, il dio decise di aiutare gli uomini a dispetto degli abitanti del mare. Gli insegnò a nuotare, a costruire barche e i segreti delle creature marine, in modo ch’essi poterono pescare con maggior efficacia e sfuggire ai mostri marini. Agli uomini, in cambio di questi segreti e della protezione alle navi, chiese di limitare la zona di pesca. Da quest’antico patto deriva l’usanza rispettata tuttora dai pescherecci della regione caledone, di non pescare oltre la linea da cui dal mare si vede all’orizzonte la terra.
Gli uomini, grazie al favore di Teneidon, ebbero cibo in abbondanza e divennero i padroni della superficie marina. I Caledoni trasmisero, poi, le proprie conoscenze agli uomini delle altre regioni, ma si dice ci siano segreti che solo i marinai caledoni conoscono.
Presto gli abitanti del mare si trovarono a temere gli uomini, le loro barche, le reti e le loro conoscenze. Avevano l’impressione che conoscessero tutti i loro segreti. Re Teneidon parlò al suo popolo, gli rivelò come gli uomini godessero del suo favore e gli descrisse il patto stipulato. Gli abitanti del mare si resero conto del rispetto che i dio meritava, gli giurarono rispetto e obbedienza e lo supplicarono di non favorire eccessivamente gli uomini a loro discapito. Il dio promise di mantenere un equilibrio, agli uomini era concesso di pescare vicino alla costa e di navigare, ma il mare apparteneva a loro e se gli uomini avessero mostrato di non rispettare la sovranità degli abitanti del mare, li avrebbe puniti severamente. Da allora Teneidon governa il mare con giustizia, osservando le leggi di Tempo e di Thabil. Gli umani dimenticarono l’antico patto e ora navigano e pescano ovunque, ed è per questo che la navigazione è un mestiere tanto pericoloso. Solo i Caledoni, discendenti della tribù che incontrò il Dio, rispettano l’antica usanza, e le loro navi sono protette dalla furia dei mari.

La leggenda di Crateste e delle mura cittadine

Nel 521 N.R, Crateste fece costruire le mura cittadine. Le ragioni che lo spinsero sono avvolte nel mistero: alcuni dicono che, semplicemente, impazzì, altri sostengono che lo fece per dare alla città un degno aspetto di città imperiale, secondo il costume in uso nei regni umani, in cui aveva spesso viaggiato in gioventù.
La leggenda, pero, dice che, anni prima, Crateste avesse sposato una brutta e vecchia principessa, durante uno dei suoi numerosi viaggi, e che l’avesse fatto solo per le ingenti ricchezze della sua dote. La principessa, d’altro canto, semplicemente voleva un marito, e non le interessavano le ragioni del matrimonio. Pochi giorni dopo il matrimonio, però, la principessa si getto dalle mura del proprio castello. La leggenda vuole che fosse per la disperazione di avere un marito che, pur tentando alacremente, non riuscisse a consumare il matrimonio. Crateste si tenne la dote e rientrò nella patria Caledonia, dove divenne governatore. Quando divenne vecchio, cominciò a sognare la prima sposa, che lo accusava di essersi impadronito ingiustamente della sua dote, che non essendo mai stato un vero sposo, non ne aveva diritto. La donna chiedeva indietro in suo denaro, voleva che fosso posto nelle mura da cui si era lanciata. Quelle mura non esistevano più, essendo stata la sua città rasa al suolo diversi anni prima. Crateste, allora, fece ricostruire mura simili a Caledonia e vi depose un tesoro pari alla dote presa ingiustamente.
Timete, che fece demolire quasi completamente le mura, non vi trovò alcun tesoro.

La leggenda di Farsif e del grande terremoto

Era Farsif un nano deforma, giullare di corte, canzonava e insultava i sovrani e non v’era sant’uomo in cui non trovasse motivo di scherno. Non aveva parole proibite, e non vi era chi si offendesse, ma il motteggiato rideva come tutti gli ascoltatori. Nessuno poteva offendersi con Farsif, perché il suo aspetto suscitava insieme tanta pietà e insieme tanta ilarità che Thabil l’avesse punito prima della nascita per ogni cosa che avrebbe detto in vita. Farsif era stimato e ben voluto, e si arricchiva insultando i potenti. Un giorno si ammalò gravemente e mandò a chiamare Ippocrate di drago Fiorito, il più gran medico vivente a quei tempi. Le sue cure erano costose, ma infallibili. Farsif era ricco e non badò a spese. Ippocrate era all’altezza della sua fama, guarì Farsif con tanta efficacia che non solo gli tolse la malattia per cui era stato chiamato, ma anche quelle croniche che lo avevano reso gobbo e deforme. Fu così che Farsif divenne semplicemente un brutto nano (umano nano); ora che la sua deformità era sparita restava solo la bruttezza e il suo aspetto era solo antipatico, non più patetico. Farsif comprese subito che da quel momento non avrebbe più potuto dire quel che volesse, ma che anzi, avrebbe dovuto fare estrema attenzione a quel che diceva. La sua carriera di giullare era finita. Da quel momento prese a stare solo il più possibile, evitando chiunque potesse sentire il desiderio di vendicarsi di qualche offesa, ma ovunque andasse c’era chi lo riconosceva e lo insultava o malmenava. Cadde nella più nera disperazione: ripensava alla sua vita passata e si chiedeva se fosse possibile non aver lasciato alcun ricordo positivo di sé. Più se lo chiedeva più si rendeva conto che la risposta era no. Un giorno, guardando dalla finestra, riconobbe in un mendicante per strada, uno studioso che aveva fatto screditare con i suoi motteggi. Lo chiamò e lo fece entrare in casa, lo sfamò, lo vestì e si offerse di fare qualsiasi cosa per farsi perdonare il passato. Lo studioso gli disse: ” Se vuoi fare qualcosa per me, aiutami a convincere la gente di quel andavo dicendo prima che tu, non credendomi, convincessi gli altri a non credere. Aiutami a persuadere i Caledoni a mettersi in salvo, perché davvero tra pochi mesi, un terremoto distruggerà la nostra città”. Farsif credette alle parole di un povero vecchio che non aveva nulla da guadagnare a predire disastri. Prese a bussare a ogni porta, avvertendo tutti i cittadini del pericolo imminente. L’incredulità, i motteggi e le percosse non lo dissuasero, continuò a gridare a tutti di stare attenti, che il terremoto era prossimo. Quando si sentirono le prime scosse, già forti abbastanza da spaccare case e strade, non si unì a chi fuggiva, ma corse in un tempio e pregò perché la gente si salvasse. Mossi da pietà gli dei decretarono che si sarebbe salvata ogni abitazione in cui abitasse almeno un Caledone che aveva creduto al nano. Molte case in legno dei quartieri più poveri si salvarono, ma solo 7 edifici in pietra furono risparmiati. Passato il terremoto, il nano fu trovato morto nel pantheon, dove era corso a pregare e che si era salvato dalla distruzione.

La leggenda di Manter e della liberazione dagli elfi

Quando Farrel morì senza eredi, l’esercito elfico era ancora in città. Il comando dell’esercito elfico aiutò Zark, cugino di Farrel, a salire al trono. Zark era un sovrano fantoccio, il vero padrone della città era il generale elfico. I Caledoni avevano, dapprima, accolto con gioia i soldati elfici, ma questi avevano ben presto cominciato a farla da padroni, vessando particolarmente la componente nanica della popolazione. Dalle violenze elfiche nacquero molti mezz’elfi e nanelfi. Manter era un nanelfo di 4 anni, sua madre era una nana e suo padre un soldato elfo che l’aveva sedotta per scommessa, come lui stesso le disse ad atto compiuto. La nana si era da poco sposata ad un vedovo umano, la cui moglie era morta dando alla luce una mezz’elfa che ora aveva 2 anni. Un giorno la nana al ritorno dal mercato con Manter e la bimba, incontrò il padre di Manter. L’elfo riconobbe la nana che gli aveva fatto vincere 4 boccali di birra, e cominciò a molestarla, senza curasi della bimba che aveva in braccio, né al bambino che le stava accanto. Quando la nana lo respinse, il soldato la colpì con un pugno, mandandola a terra svenuta. Manter spinse l’elfo, questo cadde e non fece in tempo a riprendersi dalla sorpresa di vedere questo piccolo nan’elfo che Manter gli aveva rotto il cranio con una pietra trovata per terra. Numerosi Caledoni e alcuni soldati elfici avevano assistito alla scena e, quando gli elfi tentarono di prendere il bambino, i Caledoni lo difesero, iniziando così la rivolta che in 15 giorni avrebbe portato alla liberazione della città, ma anche un nuovo incendio che la distrusse quasi interamente.

La leggenda di Hardmuth Nur

Nell’estate del 148 A.R., i nani di Canizzaro, capeggiati da Porpora la condottiera, attaccarono la giovane città di Caledonia, decisi a conquistarsi una colonia nel territorio umano. A quel tempo regnava il giovane Farrel, figlio di Onolan. Egli, sovrano giusto, ben voluto, dotato di grande senso del commercio e amore per l’arte, rendeva ricca e bella la città. Quando si ebbe notizia dell’imminente attacco dei nani, Farrel incaricò Hardmuth Nur della guida e della difesa della città, mentre lui si occupava della salvaguardia delle ricchezze e della persona del re. Hardmuth Nur era figlio di un servo di Onolan ed era coetaneo di Farrel, i due erano cresciuti insieme. Hardmuth Nur era bello, coraggioso, forte e brillante. Farrel era bruttino, goffo e pavido, intelligente, ma meno dell’amico. Chi conosceva entrambi, però, amava Farrel e odiava Hardmuth Nur. Il primo, infatti, era gentile ed affabile, Hardmuth Nur era violento, amante della rissa ed irrispettoso. Solo Farrel a Almir, sua sorella, erano capaci di placare Hardmuth Nur, il quale inspiegabilmente rispettava Farrel (Farrel stesso non sapeva spiegarselo) e amava, ricambiato, Almir con una tenerezza che non sembrava appartenergli. Farrel aveva acconsentito al loro matrimonio, nonostante i pareri contrari di parenti e popolo.
Hardmuth Nur, a capo del piccolo esercito Caledone, difendeva la città, mal fortificata e prevalentemente di legno, respingendo gli attacchi nanici sia via mare che sulla terraferma. Si dice che riuscisse a fronteggiare de solo anche 40-50 nemici, e che la sua intelligenza strategica fosse senza pari. La città che lo aveva disprezzato, ora lo acclamava come un eroe.
Porpora si rivolse ad un indovino, e questi vaticinò che la vittoria sarebbe stata sua se si fosse impadronita della moglie dell’eroe Caledone. La generalessa sospese gli attacchi diretti, ma mantenne l’assedio. Lasciò ai Caledoni la possibilità di rinforzare le proprie difese e diprendere energie, ma anche di abbassare la guardia quel tanto che permise a 2 umani al servizio dei nani di penetrare in città. Poi, riprese ad attaccare insistentemente per tenere occupato Hardmuth Nur. La forza di quest’ultimo sembrava aumentare di giorno in giorno e le perdite naniche furono ingenti, am i 2 uomini al servizio di Porpora riuscirono a catturare Almir e a condurla a lei. La generalessa mandò ad Hardmuth Nur questo messaggio: “Ho la tua donna, dammi la città per la sua vita. Se rifiuti prima la darò al mio esercito, poi io stessa la torturerò come nemmeno puoi immaginare, infine la ucciderò. E sarà soltanto colpa tua”.
Hardmuth Nur sapeva che anche cedendo, Almir non si sarebbe stata risparmiata. Trucidò il messaggero e riprese ad attaccare con veemenza raddoppiata, deciso a scacciare i nani, vendicarsi e infine togliersi la vita.
Porpora fece come aveva minacciato, ma si rese conto che, se l’eroe avesse continuato ad attaccare così, per lei sarebbe stata la fine, quindi tornò dall’indovino, pronta a punirlo per il vaticinio errato. “Fa che Hardmuth Nur la veda”, le disse questi. Lei lo fece imprigionare ma attese prima di ucciderlo. Andò da un mago e fece incantare il cadavere della ragazza in modo che chiunque lo vedesse vedesse le immagini di quel che le era stato fatto, e lo fece recapitare ai Caledoni. Il corpo fu caricato su un carretto e coperto, in modo che i soldati nani non lo vedessero. Il carro fu recapitato al campo Caledone. Quando Hardmuth Nur la vide, senti in mente le parole di Porpora “..e sarà solo colpa tua”, perse la ragione e cominciò ad uccidere tutto quel che gli era vicino. Furono i suoi stessi soldati ad ucciderlo, costretti, per salvarsi dalla sua furia. Eliminato Hardmuth Nur, i nani conquistarono facilmente Caledonia e la incendiarono. Alcuni soldati nanici, videro il cadavere di Almir, furono presi da sdegno e passarono alla parte Caledone. Quando la città cadde, subirono la sorte dei suoi cittadini.
Tuttavia la crudeltà di Porpora non restò inpunita: le maledizioni degli sconfitti, dei caledoni morti per mano di Hardmuth Nur, di quelli che furono costretti ad ucciderlo e dell’indovino stesso (ucciso per timore che rivelasse la tattica usata), furono ascoltate dagli dei. Il giorno stesso in cui prese Caledonia, Porpora fu richiamata a Canizzaro da una lettera urgente (per sapere cosa le successe, vedere leggende di Canizzaro).
2 anni dopo Farrel ritornò a Caledonia, accompagnato da un esercito elfico, che scacciò gli invasori. Il denaro che era riuscito a salvare lo aveva usato per finanziare i mercenari elfici. I nani che erano passati a parte Caledone restarono in città.
Farrel morì nel 144 A.R., alcuni dicono in seguito a una malattia, altri dicono che si spense avendo perso la voglia di vivere dopo avere saputo della sorella, altri ancora sostengono che si trafisse con la spada appartenuta ad Hardmuth Nur.

La leggenda di Ledam e della fondazione della città

La regione dove ora sorge Caledonia era, un tempo, una stretta lingua di terra che portava al mare, costeggiando da un lato le colline del Barocco, e, dall’atro, le grandi paludi. Le paludi erano abitate da ogni sorta di mostri e bestie, i cui esemplari più pericolosi erano le zanzare malariche e la sogliole melmose giganti dalle mille bocche. Gli uomini vivevano sulle colline, e avevano lascito la pianura compresa tra i picchi gemelli e il picco solitario alle fate Codalunga. Questo genere di fate somigliava poco al tipo più comune: si narra, infatti, che fossero alte circa 40 cm, ricoperte di pelo grigio e dotate di ali piumate che non permettevano il volo, ma aiutavano i salti (come le ali di gallina). Possedevano, inoltre, una coda argentea di circa 40 cm. Le fate Codalunga vivevano in società simili a quelle umane, non è ben noto di cosa si nutrissero, ma è certo che praticassero l’allevamento di numerose creature incantate (per una documentazione più approfondita, vedere: “La vita nel nostro mondo dalle origini (o quasi) ad oggi ( più o meno)” dei naturalisti Timbegen e Von Frish). La fate erano i naturali nemici di numerose bestie di palude, e, grazie a loro, gli uomini non avevano da temere né la malaria, né gli attacchi della sogliola. Il sangue umano era l’unica cosa che potesse uccidere le fate, ma gli uomini lo ignoravano. In uno dei villaggi delle colline nacque un giorno Ledam. Egli mostrò fin da giovanissimo grandissima attitudine per la caccia e un altrettanto grande disinteresse per le leggi e i divieti. A 15 anni era il cacciatore più grande della regione. Ledam girava di paese in paese accompagnato dagli amici Carol e Onolan, cacciando le bestie che infastidivano i contadini e i mostri che attaccavano i villaggi.
Un giorno, i tre amici decisero di cimentarsi nella caccia di qualcosa di realmente pericoloso: i mostri delle paludi e, in particolare, la sogliola. Partirono e, recandosi alle paludi, attraversarono i territori delle fate, ignorando il divieto per gli uomini di entrare nei domini delle fate e incuranti della pena all’esilio che colpiva i trasgressori. Per sei mesi restarono nelle paludi, liberandole da quasi tutti i mostri, e trovando metodi efficaci ad allontanare le zanzare. Non potendo tornare tra gli uomini e non volendo restare nelle paludi, si costruirono una casa nel territorio delle fate. Notarono che, pur essendo visibilmente contrariate dalla loro presenza, le fate non li attaccavano. Non si curarono del loro malumore, ma anzi, desiderosi di compagnia, andarono di villaggio in villaggio invitando i giovani ad unirsi a loro. Nel territorio delle fate nacque un villaggio, che fu chiamato Caledonia, dall’unione dei nomi dei fondatori. Le fate continuavano a non attaccare, consce del pericolo rappresentato dal sangue umano. I paesani, però, organizzarono una spedizione contro i tre sacrileghi fondatori di Caledonia. Fu la prima battaglia combattuta dai Caledoni, e fu la prima vittoria, ma il sangue versato s’impregnò nel terreno e raggiunse le fate. Ne uccise la più parte e costrinse le superstiti a rifugiarsi sui tre picchi. Prima di andarsene la regina delle fate maledisse la città: 3 volte essa sarebbe stata distrutta e ricostruita, prima del suo che avrebbe segnato la 4° e definitiva distruzione. Alla maledizione della fata si unì quella di tutti gli dei.
Ledam, profondamente pentito, sacrificò la sua vita per placare l’ira degli dei. Lasciò ai suoi compagni e ai Caledoni il compito di trovare la fata e di placarne l’ira.
Nessuno lo fece.
Questa è solo una leggenda, ma nel corso dei secoli, Caledonia è stata, effettivamente, distrutta tre volte: dai nani, dagli elfi e dal terremoto.
La leggenda ne predice una quarta, ma è solo una leggenda.

domenica 7 novembre 2010

Bastarda é morta

L'abbiamo fatta sopprimere ieri sera.
E' morta il 6novembre alle 23.50.
Siamo entrambi distrutti.
Non dico di piu' , immagino che voi immaginiate come mi sento.

Ambra

domenica 13 giugno 2010

I tre fratelli

C’erano una volta tre gemelli. Da bambini non litigarono mai e quel che pensava l’uno lo pensavano in tre. Divenuti adolescenti divennero competitivi. Ognuno cercava di essere migliore degli altri due, ma la dove uno eccelleva in una disciplina un altro lo era in un’altra. Non riuscendo a stabilire chi fosse il migliore, e non potendo protrarre oltre la situazione, decisero di separarsi. Il primo andò nella regione nord, il secondo in quella centrale e il terzo a sud. Quello che andò a nord divenne mercante, un uomo ricco e stimato sia per la sua generosità che per la sua abilità. Il secondo fu musicista, lodato per la sua arte come per la sua bellezza. Il terzo fu guerriero, il più impavido e forte degli uomini. I tre furono felici fino a che la fama dei fratelli non gli giunse all’orecchio. Erano tutti e tre ugualmente famosi e stimati, ma non conoscendo la propria fama, ciascuno pensava di essere il peggiore. L’antica competizione riprese e ciascuno s’impegnò per essere meglio degli altri. Non riuscendovi, poiché ciascuno era dotato di ugual fortuna e ugual talento, ciascuno per conto proprio, decise ti tentare un’impresa che non poteva riuscire a tutti e tre. Decisero di valicare gli alti monti. Il mercante investì tutto il suo denaro e allestì una ricca spedizione, con le migliori guide e il miglior equipaggiamento. Il guerriero s’incamminò solitario e il musicista prese la strada con pochi compagni. La musica li accompagnava e li esortava, abboniva le genti e le bestie incontrate e talora persino i venti. Per montare gli alti monti scelsero di risalire il corso di un grande fiume che si diceva nascesse dalle pendici più alte dei monti. Fu così che il mercante seguì il corso dell’Eupotamo, il musicista seguì il Linci, e il guerriero il Ron. Si dice che questi grandi fiumi nascano sulla sommità del secondo cerchio di monti e che i tre fratelli, soli, avendo perso tutto il loro seguito, siano giunti fin quasi alle sorgenti, ma che qui siano caduti morti e i loro corpi siano precipitati nei fiumi. Gli Dei, o forse Thabil, o i fiumi stessi, decisero che non fosse giusto che l’uno dei fratelli giungesse al mare prima degli altri, vincendo da morto la gara che non aveva potuto vincere da vivo, così, i fiumi cambiarono la loro andatura e i corpi dei tre fratelli che insieme nacquero e insieme morirono, trasportati dai fiumi giunsero al mare nello stesso istante, qui si inabissarono e furono mangiati dai pesci. Da allora, estate o inverno, in periodi di alluvioni o di siccità, l’acqua che esce da una sorgente arriva al mare insieme a quella uscita dalle altre sorgenti.

sabato 5 giugno 2010

Estratto dal “DIARIO DI VIGGIO” di MORTIMER GROSSOPIEDONE

Dimenticatevi i regni nanici, ci siete andati e siete tornati, avete il manoscritto di Grossopiedone.

Waik e Metty non sono con voi, e nemmeno la mucca, Paperina, Qui, Quo o Qua.

Non si sa cosa gli sia successo, voi non siete preoccupati (torneranno più o meno tutti, ma un po’ più tardi e se lo vorrete).

Ci siete solo voi (chi non lo so), siete seduti nell’accogliente salone di Her Doktor con una bella tazza di rum al thé. Siete tornati de due mesi, Herr Doktor ha finito di leggere il diario (2000 pagine di nanico aulico).

“Il manoscritto racconta i viaggi di Grossopiedone attraverso i tutti i regni nanici in lungo e in largo, nel giro di 20 anni. Nel manoscritto è descritto ogni villaggio visitato. Non c’è alcun accenno al passaggio degli alti monti. Per un momento ho dubitato di avervi inviato nei regni nanici par niente, seguendo una fonte non attendibile (d'altronde è stato quel gatto a trovarla…). Tuttavia l’ho riletto una seconda volta e ho trovato un passaggio in cui Grossopiedone racconta della visita a un paesino al limitare degli alti monti. Il manoscritto dice: “Partimmo da Morg il 10 dicembre 623 N.R. e giungemmo a Mormok, sulle sponde del Morbub il 2 gennaio 624 N.R.. Mormok è il paesino più vicino alle sorgenti del fiume Morbub. Il fiume è già abbastanza grande e, poiché scende veloce dagli alti monti è estremamente pericoloso da attraversare. Mormok è un grazioso villaggio di montagna, la gente è accogliente l’acqua buona e il sidro eccellente. […]

Alloggiammo due notti alla locanda. Il 4 gennaio ripartimmo seguendo come quando venimmo il sentiero lungo il corso del fiume. […] Stan si diverti per diverse ore a lanciare pietre sul fiume ghiacciato.”. Questo passaggio mi ha incuriosito e ho controllato. Il Morbub in quelle zone, scorre troppo velocemente per ghiacciare. Negli ultimi 500 anni ha ghiacciato solo 3 volte: nel 573, nel 626 e nell’812. 626, non 624 come ci dice il testo. Eppure fino ad allora le date erano precise. Ci sono stati eventi che ho controllato e corrispondono. Inoltre da quel momento fino all’anno 630, non mette più l’anno quando scrive le date e comincia a dire “ci siamo fermati qualche giorno” oppure “dopo qualche settimana”, quando, fino a quel momento ha sempre specificato i giorni. Dopo il 630 riprende a scrivere le date complete e i giorni e ci sono eventi verificabili. E’ a Mormork che lo sfasamento è cominciato.
E c’è un’altra cosa – scusa cara, versami per favore un’altra tazza di rum. - la fine del libro è questa:” Grazie amici lettori e camminatori compagni di viaggio. Oggi chiudo questo racconto in cui, se non per errore, non una falsa parola giace. Come l’uomo che passa sotto quando non può scavalcare, che segue pietoso gli dei e non dimentica lo zafferano, confidando nel piede e diffidando dello stivale, augurandovi di leggere sempre due volte, chiudo gli occhi e questo libro. Mortimer Grossopiedone.”.

Che ne pensate?”

Her doktor chiude il grosso volume e vi guarda dubbioso.

Il Ritorno

La mia mania di voler fare le cose da perfezionista ha finito per non farmi fare nulla, e così sono sparita dal blog e il progetto PlayByBlog è andato alla deriva, ma non ancora naufragato. In realtà in tutto questo tempo ci ho pensato e ho anche provato a digitalizzare un po' di materiale. La panne al mio computer di casa e la conseguente perdita di buona parte dei dati non sono stati d'aiuto. Ho anche lavorato a una scheda su excel, non è ancora finito ma è a buon punto. La schade fatta calcula quasi tutto automaticamente. Basta mettere classi e livelli nelle apposite caselle, scrivere la razza e determinare la caratteristiche, e la scheda calcola i p.ti abilità , i talenti , i bonus attacco, la classe armatura ecc.... per le armi basta scriverne il nome e lei calcola tutto automaticamente, applica anche automaticamente alcuni talenti. Mancano ancora alcune cose, come il peso delle cose e la parte relativa alle armature, ma sono contenta del lavoro. Praticamente ho messo in una pagina excel tutto il manuale del giocatore. Se ci fossero volontari per testarla, sarei felice di inviargliela.

Comunque dopo una conversazione con Davide ho deciso di riprendere a scrivere su questo blog e di smetterla di voler fare bene le cose, le farò un po' come vengono, migliorandomi via via.
Quindi non smettete di leggere, l'avventura (ri)comincia.

mercoledì 28 ottobre 2009

Carta Caledonia




Araya Abu Ali Al Husaym Ibn Sina


Livello

11 (Barbaro 9 – Aristocratico 2)

Allineamento

Caotico Neutrale

Età

22

Datadi nascita

12/02/977 N.R.

Altezza

185 cm

Peso

72 Kg

Occhi

Viola

Capelli

Bianchi lisci cortissimi

Pelle

Nero ebano

Professione

Avventuriera/Studiosa

Stato civile

Divorziata

Origine

Citta: Caledonia Stato: Staed

Status

Viscontessina (88%)

Aspetto

89

Orientamento

51

Atre

68

Musica

48

Divinità

Dea Conoscenza

Segni particolari

Occhialini a mezza luna quando studia

Sul braccio destro, tatuaggio bianco di una piccola ankh inscritta in motivi elfici


bla bla

lunedì 26 ottobre 2009

Regolamento Avventure

Ho cominciato a scrivere le nuove avventure, partendo da Caledonia, come da post precedente.
Mi sono tuttavia imbattuta nel problema di decidere in che modo far avanzare le avventure. Il problema si manifesta nel momento in cui ho pochi giocatori sempre presenti e altri (non so quanti) presenti una volta ogni tanto. A questo proposito apro una parentesi: chiunqhe voglia giocare è il benvenuto, basta che me lo diciate e fare/aggiustare il personaggio.
Dunque dicevo: problema avanzamento avventura.
Ho deciso che (ma se avete suggerimenti sono ben accetti) le giornate di gioco si dividono in 10 Unità di tempo e le nottate in 5 unità, considerando il giorno come dalle 8 a mezzanotte. Trascorse 10 unità per uno qualsiasi dei personaggi presenti nell'avventura, si passa al giorno successivo.
Ecco le azioni e i costi in UT (Unità di Tempo):
  1. Conversazione con passanti, barman e simili = 0.5 UT
  2. Conversazioni con PnG = 2-6 UT
  3. Appuntamenti galanti = 2 UT minimo
  4. Combattimenti = 2 UT
  5. Studio = 1 UT x prova
  6. Ora studio per maghi = 1 UT
  7. Spostamento in città = 0.5-2 UT
  8. 1 Prova = 1 UT

Al punto 8 "prova" indica le prove che richiedono un certo tempo, come un raccogli info, non certo una singola prova di percepire intenzioni. Ancora, è possibile restare svegli per un massimo di 15 unità senza malus, fino a 20 con un -2 a qualunque cosa semplice e -4 a cose complesse, e cosi' con un altro -2 ogni 5 unità, fino a un massimo di 29 UT, in cui si cade addormentati, alla UT 30 si muore.

E' mia intenzione dividere il gioco in avventure e chiacchiere. Voglio dire i PnG saranno nel mondo e sarà possibile parlargli praticamente in qualunque momento, come conversazioni fuori dallo spazio e dal tempo. Sarà sufficiente andare nei commenti del post che introduce il personaggio. In queste conversazioni si potranno chiedere informazioni, ma solo cose di carattere più generale. Al momento é possibile discutere soltanto con Her Doktor e Inga (per praticità Png minori sono rintracciabili nei post di Png maggiori, se volete parlare con le cameriere di Remko andrete ovviamente nel post di Remko, se poi una di queste diventasse significativa per qualche motivo, si guadagnerebbe un suo post). Durante le avventure aggiungero' dei post espressamente per parlare con i Png che chiaramente sono dentro l'avventura e uno in cui potrete scrivere cose in più, da li' potrete far entrare in gioco altri Png. Mi sembra che la cosa possa funzionare, ovviamente verificheremo e aggiusteremo giocando.

venerdì 16 ottobre 2009

Proposte

Cari giocatori,

vorrei poportvi quanto segue: vi andrebbe di riprendere la storia a Caledonia?
L'idea é che abbiate trovato i diari di Grossopiedone e vi accingiate a leggerli.
Un breve riassunto (quando l'avro' fatto) vi ricorderà le avventure nella terra dei nani, quelle che avete vissuto davvero e quelle che io ho mandato avanti.
Il motivo di questa proposta é che mi piacerebbe cominciare a giocare, ma immettere tutta l'ambientazione é troppo lungo, in questo modo potrei mettere solo Caledonia con tutti i suoi Png . Le prime avventure le ambienterei a Caledonia, cos' intanto potremmo sviluppare il sistema di gioco. Intanto potrei pensare a nuove avventure e scenari e immettere piano piano il resto dell'ambientazione (in effetti é più divertente scrivere cose nuove che copiare quelle vecchie, anche se in questo modo rivedo tutte le idee di avventure che avevo pensato di farvi fare).
La cosa vi dice? A me dispiece un po' di tagliare la storia, ma ho voglia di cominciare a giocare.

Un'altra cosa, all'inzio sarete soltanto voi PG e i Png tipici di Caledonia, io pensavo di lanciare 3 avventure di prova, una più di azione, una di investigazione e una di inestigazione giocoruolosa. Le prime due dovrebbero essere semplici e veloci ( l'equivalente di due sedute di gioco ciascuna) e dovrebbero essere praticamente senza aspetto giocoruoloso. La terza dovrebbe essere un'avventura completa. Vi va? penso che la cosa portebbe servire a entrambe le parti per prendere la mano col sistema di gioco.

In effetti quel che non riesco bene a vedere é il ritmo di gioco e in che modo far dipendere l'avanzamento dell'avventura dai giocatori. In effetti questo dipenderà un po' anche da voi. Ad ogni modo vedremo....

lunedì 12 ottobre 2009

Guida turistica di Caledonia

(tratto da "le nostre città più celebri" di Lamos Van Der Velde)

...l'autore al momento non può continuare a scrivere causa calamità felina, riprenderemo al più presto.....

INDICE:


  1. Quartieri di Caledonia
  2. Storia breve della città
  3. Monumenti di interesse
  4. Ordinamento giuridico
  5. Culti cittadini
  6. Leggende di mare e città
  7. Economia
  8. Guida gastronomica

1. Quartieri di Caledonia.

  • Lungo bassotto (popolare)
  • Ghetto novo (benestante)
  • Vallata del solitario (ceto medio)
  • Ghetto antico (nobiliare)
  • Valle picco basso (popolare)
  • Costa delta (ceto medio)
  • Quartiere del porto (popolare)
  • Valle picco alto (ceto medio)
  • Costa templi (benestante)
  • Castello estivo (residenza del governatore e sede degli uffici di amministrazione pubblica)
  • Isola di risacca

2. Storia breve.

Fondata nel 203 A.R. dal giovane LEDAM, viene conquistata dai NANI capeggiati da PORPORA La Condottiera, nel 150 A.R. Con l'aiuto di un contingente Elfico la città si libera degli invasori nel 145 A.R. Gli Elfi però rifiutano di lasciare il territorio e di fatto prendono il posto dei nani. Nel 140 A.R., dopo 15 giorni di rivolte, gli elfi vengo scacciati. Nel 104 A.R. re ANAKINESTE di Caledonia ordina il bonifico delle pianure vicine alla città.Nel 103 A.R. il lavoro è completato e la Pianure de Grano diventano cotivabili. Nel 30 A.R nasce ORIEL fratello minore di ALCIBIADE MENTEVELOCE. Nel 25 A.R., a 7 anni, in seguito alla scomparsa del padre, Alcibiade viene incoronato re di Caledinia. Nel 7 A.R. in seguito alla sparizione di Alcibiade, Oriel parte e di lui si perdono le tracce per alcuni anni. Salito su trono imperiale nell'anno 0, Oriel ordina la costruzione di un castello nei pressi di Caledonia, con l'intenzione di farne la sua residenza estiva. I lavori terminano nel 5 N.R., ma Orie non o farà in tempo a vederlo e morirà nel 7 N.R. a Drego Fiorito, al ritorno da un altro viaggio. Il castello verrà regolarmente usato dalla famiglia imperiae fino al 605 N.R. Nel 235 N.R. la città si amplia annettendo i quartieri di Lungo bassotto e Costa templi. Ne 521 N.R. CRATESTE ordina la costruzione delle grandi mura cittadine. Nel 544 TINETE, figlio di Crateste, diventa il nuovo governatore e ordina immediatamente la distruzione delle mura, inutili in tempo di pace. Nel 605 il Castello estivo viene abbandonato dagli imperatori per diventare sede del governo locale. Nel 730 il partito dei SOBRIMORI, capeggiato da SOBRIMAL La Sfrontata, viene esiliato dalla città. I Sobrimori si rifugiano in BOSCO SOBRIO e nel CASTELO 31/24 ( edificato da PROTAG IL PAZZO nel 702 per CALICOT L'Eccentrica, madre di Sobrimal). Il 3 Febbraio (siamo nell'emisfero SUD quindi in realtà è Agosto ma così si capisce meglio) 734, a metà del pomeriggio, i Sobrimori spariscono. Nell'809 un grande terremoto distrugge quasi interamente la città. In piedi restano solamente le capanne in legno dei quartieri più poveri e 20 edifici in pietra di cui solo 7 competamente indenni. I 7 edifici sono: Il Castello Estivo, La casa degli Hisaym Ibn Sina, il Pantheon, la Capitaneria di porto, il Santuario del Mare di valle picco basso, la Caserma di valle picco alto, la casa dei Berges. Nell'898 il 4 Agosto (cioè febbraio- emisfero sud) alle 9.15 del mattino, il mercantile Risacca avvista un'isola al largo di Caledonia (fino ad alora non esisteva). L'isola prende ufficialmente il nome della nave nel 902.

3. Monumenti di interesse.

  • IL CASTELLO ESTIVO: ci sono visite guidqte tutti i mercoledì dalle 9 alle 18.
  • IL PANTHEON: eretto nel 12 N.R. su progetto di Olinop, è uno degli edifici più antichi della città.
  • IL MUSEO DEL MARE: allestito nell'antica Capitaneria di porto nel quartiere del porto.
  • IL SANTUARIO DEL MARE in valle picco basso: è l'edificio più antico di Caledonia, la leggenda vuole che a progetterlo e a cominciarne la costruwione sia stato il giovane Ledam nel 203 A.R.
  • LA CASERMA DI VALLE PICCO ALTO: risale al 522 N.R. ed è quanto resta delle grandi mura volute da Crateste.
  • LA CASA DEGLI HUSAHYM IBN SINA e LA CASA DEI BERGES: gli unici 2 edifici privati scampati al terremoto dell'809 N.R., risalgono rispettivamente al 100 e al 340 N.R. Purtroppo i proprietari non organizzano visite, ma l'aspetto esteriore fornisce già un'idea dello stile architettonico dell'antica Caledonia.
  • LA STATUA IN BRONZO DI ALCIBIADE MENTEVELOCE e LA STATUA IN MARMO DI ORIEL IL CONQUISTATORE: datate 1 e 5 N.R. sono poste una in faccia all'altra nella Piazza della Fratellanza nella Vallata del Solitario.
  • Meritano una visita le vie centrali della zona portuale, centro del divertimento serale di Caledonia. I vanerdì sera sono particolarmente vivaci, ma leggermente pericolosi a causa dei conflitti tra studenti di Filosofia e di Alchimia.
  • IL TEATRO DI CAEDONIA: dedicato al celebre drammaturgo caledone Eurippide (con 2 p e non è un errore del master), fu riedificato nell'812 su progetto dell'architetto N. Nagghib. L'edificio galleggia sul torrente bassotto (quando c'è acqua) ed è ancorato a un ponte che unisce Ghetto Antico a Valle Picco Basso.
  • LO SCOGLIO DORATO DEL DIO DEL MARE.

4. Ordinamento giuridico della città.

La città è amministrata da un consiglio di 9 bembri detto "la loggia" e da un Governatore. I òembri della loggia sono eletti dal popolo tra gli asponenti della nobiltà.Il Governatore invece è nominato dal proprio predecessore. La carica non ha una durata fissa. ma tradizionalmente si aggira intorno ai 5 anni. I 9 e il Governatore hanno uguali poteri, ma al governatore spettano mansioni di rappresenza.

5. Culti cittadini.

In città si venerano le 10 divinità principale, Thabil e Il dio del mare Téneidon, rappresentato come un uomo dalla carnagione blu/verde con mani e piedi palmati e la pinna da delfino.

6. Leggende di mare e città.

  • La leggende di Ledam, fondatore della città.
  • La leggenda dell'eroe Hardmut Nur e della sua tragica morte.
  • La leggenda di Manter e della liberazione dagli Elfi.
  • La leggenda di Crateste e delle mura cittadine.
  • La leggendadi Farsif e del grande terremoto.
  • La leggenda dell'isola di Risacca.
  • La leggenda della scomparsa dei Sobrimori.
  • La leggenda di Téneidon e le ninfe delle conchiglie.
  • La leggenda dell'antica amicizia tra il dio del mare e gli uomini di caledonia.
  • La leggenda di alcibiade a del suo primo sorriso.

7. Economia.

Nelle Pianure del Grano si produce una grande quantità di grano che viene lavorato nelle cittadine della pianura in farina e pasta. Le colline del Barocco producono il vino rosso "barocco". La pesca é molto sviluppata nella regione, il pescato consiste principalmente in: aciughe, pesce pigrone, pesci azzurri squaletti, tonnetti, polpi, muscoli e seppie. La più parte dei prodotti sono più che sufficienti ai bisogni della popolazione, il surplus viene esportato verso altre città della confederazione. L'allevamento consiste soprattutto in pollame, la produzione basta per le esigenze locali. Gli sport più diffusi sono la palla nuoto e la vela.

8. Guida gastronomica.

Antipasti tipici:

  • Pesce pigrone marinato
  • Cozze alla marinara

Primi piatti tipici:

  • Troffie al pesto
  • Linguine allo scoglio caledone
  • Spaghetti al nero di seppia e al verde di pesce pigrone
  • Zuppa di cozze caledoni
  • Zuppa di pesce pigrone
  • Risotto ai frutti di mare

Secondi tipici:

  • Involtini di pesce pigrone
  • Frittata di frutti di mare
  • Sogliole in verde di pesce pigrone
  • Polpette di pesce

domenica 11 ottobre 2009

Teogonia

In principio era il nulla, che è anche il tutto, il tutto è energia.
Era l’inizio e fu il tempo. Il tempo creò se stesso e dall’energia si fece materia.
Ed Egli divise la luce dall’ombra e creò il Sole e la Notte.
E il tutto non era più il nulla, erano nati lo spazio e la materia. Tempo divise lo spazio con la materia e la materia negli elementi.
L’Universo era creato e il Tempo sancì leggi imperfette per governarlo.
Ma le leggi imperfette bloccavano l’Universo. E l’Universo creò il Caos e la Fortuna per governare dove le leggi mancavano o dove non ce n’erano troppe.
Il tempo creò Flora e diede vita a Thabil. E Flora si fuse con la terra e divenne lo spirito di Thabil.
Il Tempo si unì con Fortuna e generarono Amore.
Intanto lo spirito di Thabil diede nuova forma alla vita e creò gli animali.
Thabil e Amore stabilirono i cicli di vita e di morte in modo che dalla morte di uno prosperasse la vita di molti.
Ma il Caos geloso volle unirsi al gioco della creazione. Per divertimento creò bestie bizzarre, bestie che erano fuori o al margine dei cicli. Creature tanto diverse che furono chiamate mostri.
E Thabil chiese l’aiuto di Tempo perché i mostri la stavano uccidendo. E Tempo creò i Draghi, predatori di mostri, e proibì per l’avvenire la creazione.
Un altro ciclo era chiuso e tutto funzionava.
Ma Tempo non rispettò la sua stessa legge, continuò a creare e perfezionare i Draghi. Gli altri dei si riunirono e diedero vita a Fuoco. Lo mandarono su Thabil a distrarre Tempo, mentre loro generavano nuove forme di vita.
Tempo scoprì e sventò il piano.
Si tenne una riunione e fu sancito che ogni divinità creasse una nuova specie. Cominciò lui stesso creando gli Elfi.
Queste creature suscitarono grande sorpresa e ammirazione, ogni divinità si impegno allora per creare, secondo il proprio carattere, qualcosa che fosse alla pari.
La creazione impegnò tanto gli dei che non poterono più occuparsi d’altro, per questo nacque lavoro a rimpiazzarli nei loro doveri verso le creature che già erano nate, e in particolare gli Elfi.
E Lavoro, velocemente creò i Nani e donò loro l’arte del metallo.
E Caos creò gli gnomi e donò loro la musica.
E Fortuna creò gli halfling e donò loro l’astuzia.
E Fuoco creò i giganti e donò loro la forza.
E Sole creò i centauri e donò loro l’arco.
E Amore creò i folletti e donò loro l’armonia.
E Potere, nato dall’ambizione degli altri dei quando si riunirono per la prima volta, creò Geni, dotati di grandi poteri.
E Tempo donò la magia agli elfi.
E Notte non volle creare.
E passarono i secoli, un eroe per razza fu scelto perché ne divenisse la divinità protettrice.
E molti secoli passarono ancora, e Thabil, che non aveva ancora creato, partorì l’uomo. Thabil aveva creato l’uomo a poco a poco, partendo dalla scimmia.
All’epoca della sua nascita egli era brutto e rozzo e tutti gli dei e le creature ridevano di lui.
E Thabil non donò nulla alla sua creatura perché il dono era già dentro di lui.
Questo dono era il cambiamento.
E passarono i secoli, pochi secoli, le prime razze si isolarono dividendosi il territorio e si dedicarono ognuna alla propria arte. L’uomo divenne bello, si divise in tante sottorazze, e si spinse in ogni angolo di Thabil. Ignorando i confini entro' nei territori degli altri e si mescolo' alle altre razze e, guardando, ne apprese l'arte.
Nessun eroe fu scelto tra gli Uomini e a nessun dio fu affidato il loro destino.
E se le altre razze guardano in cielo per cercare protezione, l’uomo può solo abbassare lo sguardo, confidando nell’amore della madre Thabil.
E proprio dagli uomini e dalla loro curiosità nacque l’ultima Dea, la conoscenza.

NOTA:
La Teogonia è scritta in elfico antico, i nomi degli dei sono stati tradotti insieme al testo, per comprenderne il significato, ma essi vengono ancora ora pronunciati in elfico. Per cui:
Tempo = Cl’Esstem
Sole = Febes
Notte = Nodia
Fortuna = Daimonia
Caos immutato
Potere = Brammon
Fuoco = Marvor
Amore = Amo-he
Lavoro = Ergol
Conoscenza immutato (è la sola divinità con nome umano).

venerdì 28 agosto 2009

Domandina ai lettori

Quale pensavate sarebbe stato il primo PnG che avrei introdotto?

Victor von Falkestein

Detto anche Her Doktor,
è un cartografo. E' il precettore di uno dei nostri PG.
Unamo, vecchio, ma di età non definita, vive in compagnia di Inga, donna di impareggiabile bruttezza, in quel di Caledonia.
Appartiene ad una delle più antiche e nobili casate caledoni.
Lavoratore e bevitore infaticabile.
Chi lo conosce non lo ha mai visto dormire nè uscire di casa. La sua dimora è una magione in pietra di 3 o 4 piani più un enorme e pericolosissimo dungeon che lui chiama cantina, e che effettivamente è la sua cantina. Chi avesse l'audacia di inoltravisi scoprirebbe vini e liquori leggendari, ma difficilmente ne uscirebbe vivo. Curiosamente Inga, che scende là sotto giornalmente, per rifornire il sempre assetato studioso, interrogata sulla pericolosità del luogo, ha saputo rispondere solamente con un ermetico "tutte cazzate". Her Doktor non riceve molte visite, ma intrattiene rapporti epistolari con tutti i più grandi studiosi del regno. Sarà lui a parlare per la prima volta degli alti monti ai nostri PG.
Del passto e della vita privata di Inga non si sa nulla, tuttavia alcune indiscrezioni fanno pensare ad una relazione tra lei e il suo principale.

mercoledì 26 agosto 2009

Cominciò...

...tutto nel lontano 1999.

Quell'estate, io looser solitaria, cominciai a frequentare un un gruppo di anime affini.
Per la prima volta sentii di essere in mezzo a gente che mi avrebbe accettato per quel che ero e per la prima volta mi avvicinai ai giochi di ruolo.

Non so, Fra, se ti ho mai ringraziato (per le due cose), lo faccio ora: GRAZIE!

Nonostante fossi prevenuta sui giochi di ruolo (come diceva mia madre: un gruppo di deficienti che gioca con i soldatini), non ebbi alcuna difficoltà a calarmi nei panni del mio primo personaggio: La ladra Gepix (originariamente, al tempo delle elementari, era Gepics, era un maschio e viveva nella foresta).

Quello fu anche l'anno di Sibilla (altra ladra) e dei suoi compari.

Fu quasi subito che iniziai a disegnare Thabil, il mio mondo.
L'idea di fare il master, però, non passava ancora per la testa.

Il regime di MasterFra era piuttosto instabile, e nel giro di qualche anno ci ritrovammo tutti a ricoprirne il ruolo.
Finalmente (nel 2002, credo, quando sarò a casa controllerò meglio) toccò a me.
L'abbozzo di mondo c'era, le regole erano state create da Mikuz e si possono riassumere un po' in "tira un dado da 100 e poi vediamo", io le modificai leggermente in "tira un dado da 100 e poi vediamo, ma prima dimmi quello che stai cercando di fare".

Le cose funzionarono a meraviglia.

Passò circa un anno ( credo) prima che mi decidessi a comprare l'edizione 3.5 di D&D.
Ricordo che prima di cominciare, 30€ per un manuale mi sembravano un'enormità.
Nel giro di un mese avevo già una decina di manuali, e le cose continuavano a peggiorare, sapevo che non sarei mai riuscita a smettere da sola.
E infatti non ho smesso di comprare manuali fino a che non è arrivata la quarta edizione, che non ho comprato.
"un gruppo di deficienti drogati che giocano coi soldatini"

Dovrò dire a mia madre che i soldatini non ci sono (non sempre).

Almeno posso ancora permettermi di guardare con diffidenza i giocatori live :)

lunedì 24 agosto 2009

Benvenuti!

Benvenuti nel mio Blog, anzi nel blog di Thabil (che gioia nel rendermi conto che non ricordo come si scrive una parola che ho inventato io!).
Ho etichettato questo post "Regolamento",ma per ora di regole non ce ne sono.
Vi comunico che in un primo tempo vorrei scrivere i "Come eravamo" (se vi viene in mente un altro titolo non esitate a farmelo sapere), in cui proverò a raccontare quel che è successo fin'ora (anche in questo caso mi aspetto aiuto).
Vorrei anche presentare gli eroi di questa lunga avventura,se volete inviarmi la presentazione dei vostri, sarò felice di inserirla (immagino che per Fra questo lavoro si rivelerà un po' lungo).
Per quel che riguarda la storia nuova, credo che sarà sviluppata più nello spazio che nel tempo.
Mi spiegherò meglio più avanti.