sabato 8 gennaio 2011

La leggenda di Ledam e della fondazione della città

La regione dove ora sorge Caledonia era, un tempo, una stretta lingua di terra che portava al mare, costeggiando da un lato le colline del Barocco, e, dall’atro, le grandi paludi. Le paludi erano abitate da ogni sorta di mostri e bestie, i cui esemplari più pericolosi erano le zanzare malariche e la sogliole melmose giganti dalle mille bocche. Gli uomini vivevano sulle colline, e avevano lascito la pianura compresa tra i picchi gemelli e il picco solitario alle fate Codalunga. Questo genere di fate somigliava poco al tipo più comune: si narra, infatti, che fossero alte circa 40 cm, ricoperte di pelo grigio e dotate di ali piumate che non permettevano il volo, ma aiutavano i salti (come le ali di gallina). Possedevano, inoltre, una coda argentea di circa 40 cm. Le fate Codalunga vivevano in società simili a quelle umane, non è ben noto di cosa si nutrissero, ma è certo che praticassero l’allevamento di numerose creature incantate (per una documentazione più approfondita, vedere: “La vita nel nostro mondo dalle origini (o quasi) ad oggi ( più o meno)” dei naturalisti Timbegen e Von Frish). La fate erano i naturali nemici di numerose bestie di palude, e, grazie a loro, gli uomini non avevano da temere né la malaria, né gli attacchi della sogliola. Il sangue umano era l’unica cosa che potesse uccidere le fate, ma gli uomini lo ignoravano. In uno dei villaggi delle colline nacque un giorno Ledam. Egli mostrò fin da giovanissimo grandissima attitudine per la caccia e un altrettanto grande disinteresse per le leggi e i divieti. A 15 anni era il cacciatore più grande della regione. Ledam girava di paese in paese accompagnato dagli amici Carol e Onolan, cacciando le bestie che infastidivano i contadini e i mostri che attaccavano i villaggi.
Un giorno, i tre amici decisero di cimentarsi nella caccia di qualcosa di realmente pericoloso: i mostri delle paludi e, in particolare, la sogliola. Partirono e, recandosi alle paludi, attraversarono i territori delle fate, ignorando il divieto per gli uomini di entrare nei domini delle fate e incuranti della pena all’esilio che colpiva i trasgressori. Per sei mesi restarono nelle paludi, liberandole da quasi tutti i mostri, e trovando metodi efficaci ad allontanare le zanzare. Non potendo tornare tra gli uomini e non volendo restare nelle paludi, si costruirono una casa nel territorio delle fate. Notarono che, pur essendo visibilmente contrariate dalla loro presenza, le fate non li attaccavano. Non si curarono del loro malumore, ma anzi, desiderosi di compagnia, andarono di villaggio in villaggio invitando i giovani ad unirsi a loro. Nel territorio delle fate nacque un villaggio, che fu chiamato Caledonia, dall’unione dei nomi dei fondatori. Le fate continuavano a non attaccare, consce del pericolo rappresentato dal sangue umano. I paesani, però, organizzarono una spedizione contro i tre sacrileghi fondatori di Caledonia. Fu la prima battaglia combattuta dai Caledoni, e fu la prima vittoria, ma il sangue versato s’impregnò nel terreno e raggiunse le fate. Ne uccise la più parte e costrinse le superstiti a rifugiarsi sui tre picchi. Prima di andarsene la regina delle fate maledisse la città: 3 volte essa sarebbe stata distrutta e ricostruita, prima del suo che avrebbe segnato la 4° e definitiva distruzione. Alla maledizione della fata si unì quella di tutti gli dei.
Ledam, profondamente pentito, sacrificò la sua vita per placare l’ira degli dei. Lasciò ai suoi compagni e ai Caledoni il compito di trovare la fata e di placarne l’ira.
Nessuno lo fece.
Questa è solo una leggenda, ma nel corso dei secoli, Caledonia è stata, effettivamente, distrutta tre volte: dai nani, dagli elfi e dal terremoto.
La leggenda ne predice una quarta, ma è solo una leggenda.

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