sabato 8 gennaio 2011

La leggenda del piccolo Alcibiade e del suo primo sorriso

Quando Zeteste abbandonò il trono e i figli per tornare dalla moglie e le figlie, il giovane Alcibiade, bambino di sette anni, salì al trono. Non uno dei nobili si dichiarò contrario e a nessuno venne mai in mente di contraddire una sua decisione, tanto era il carisma, tanto l’ingegno del giovane re. Oriel, suo fratello minore, non aveva mai conosciuto la madre, partita dopo la sua nascita, e poco aveva goduto delle attenzioni del padre. Si era, quindi, abituato a dipendere dal fratello e a riversare in lui ogni affetto. Si narra che Alcibiade fosse solito governare stando seduto sul grosso trono che era appartenuto al nonno, tenendo sulle ginocchia il fratellino, il più delle volte addormentato, poiché gli affari di stato lo annoiavano, come a qualunque bambino.
Alcibiade era un bel bambino con neri capelli ricci e tratti del volto delicati. La voce era calma e dolce e tranquillizzava chiunque lo ascoltasse, ma la caratteristica che in lui più colpiva erano gli occhi tristissimi. Quegli occhi sembravano aver visto il male più nero e sembravano appartenere a qualcuno che portasse in se tutto il male del mondo. Coloro che gli chiedevano udienza per cause di poco valore, subito si vergognavano e se ne andavano scusandosi, i colpevoli confessavano e gli ingiusti si pentivano rattristandosi di aggiungere altro dolore a un bambino tanto triste.
Da tre anni governava ormai Alcibiade e, nella ricca e fiorente città, non vi era cittadino che non pensasse a come rendere felice il giovane re. Molti gli inviarono doni, che il re dimostrò di gradire, ma che non furono capaci di muovergli un sorriso. Anche Oriel cominciò a preoccuparsi, rendendosi conto che il fratello non aveva più sorriso dalla partenza del padre. Pensò che fosse la pressione delle responsabilità a rattristarlo, e cercò di affiancarglisi al governo, ma era solo un bambino di 8 anni, e per quanta buona volontà ci mise, per quanto idee e intenzioni fossero buone (era pur sempre il futuro imperatore), la mancanza di esperienza e di lungimiranza causavano, il più delle volte, problemi che Alcibiade era poi costretto a risolvere, stancandosi ulteriormente. Oriel maledisse genitori e dei che lasciavano soffrire così il fratello, ma più di tutti maledisse se stesso che non riusciva a rallegrarlo. L’invettiva giunse alle orecchie degli dei che, invece d’irarsi contro chi la pronunciava, biasimarono se stessi per aver trascurato il giovane re. Gli dei si riunirono e decretarono che era giunto il momento di aiutare il piccolo sovrano. Alla dea amore fu affidato il compito di farlo sorridere, e le fu concesso di usare il potere di ciascuna dalle altre divinità, se fosse stato necessario. Amore entrò nella notte, nella camera dove i due fratelli dormivano insieme. Li svegliò entrambi, felicitò Oriel per la giusta invettiva, poi li condusse entrambi in volo in ciascuna delle case di Caledonia e fece entrare le loro menti nel cuore di ogni Caledone. Alcibiade che soffriva dell’abbandono dei genitori, della paura di rendere infelici gli abitanti e di non essere all’altezza del compito assegnatogli, aveva paura di quel che avrebbe scoperto. Ma guardando nel cuore dei sudditi, il piccolo re, trovò mille padri, madri e fratelli, tutti preoccupati, fieri e tristi per lui. Stupito da tanto affetto, cominciò a piangere di gioia, e Oriel con lui. In ultimo la dea fece vedere ad uno nel cuore dell’altro. L’un altro si videro come la cosa più bella e importante. Amore baciò Alcibiade in fronte (dicono che il bacio di amore si la più bella sensazione che l’uomo possa provare) e se ne andò lasciandogli per quella notte il dono del volo. Quella notte i fratelli giocarono in cielo come tutti i bambini giocano in un cortile, come tutti i bambini risero e si stancarono.
Il giorno dopo, il re riprese normalmente a governare lo stato, ma i suoi occhi erano ora sereni e il suo volto era capace di rallegrarsi.
Alcibiade governò ancora per diciotto anni, dopodiché una notte sparì. Il mattino dopo Oriel nominò un nuovo re, e partì, facendo perdere le proprie tracce per alcuni anni. Di Alcibiade non si seppe più nulla. Il trono che fu suo non fu mai più usato. Esso si trova oggi nella sala consiglio del Castello Estivo, su di esso la statua lignea di Alcibiade bambino con la corona troppo grande e lo scettro posato ai piedi, il corpo del fratello addormentato sulle ginocchia. Alcibiade poggia il capo sulla mano sinistra e con la destra accarezza i capelli di Oriel. La statua risale al 20-15 A.R., cioè al tempo in cui ancora Alcibiade governava. Fu scolpita da un maestro anonimo che la donò alla città quando Oriel partì. La statua siede sul trono dal allora. Alcune leggende vogliono che l’anonimo maestro fosse il di Caos in persona. Per tradizione ancora oggi, i governatori e lo stesso imperatore chiedono consiglio alla statua prima di prendere le decisioni più importanti. Non risulta che la statua abbia mai risposto.

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